20 marzo 2025. Il Senato approva il primo disegno di legge italiano sull’intelligenza artificiale. Applausi. Foto. Comunicati stampa. “L’Italia pioniera nella regolamentazione responsabile dell’AI”.
Poi vai a vedere i dettagli. Legge delega. Significa che serve ancora scrivere i decreti attuativi. Che arriveranno tra mesi. Forse anni.
Nel frattempo? OpenAI sta per rilasciare GPT-5 in estate. Anthropic ha appena rilasciato Claude 3.7 Sonnet a febbraio. Google continua a spingere Gemini negli enterprise.
E noi stiamo ancora a scrivere leggi.
Cosa dice davvero questa legge
Facciamo chiarezza, perché la retorica è una cosa, la sostanza un’altra.
Principi: uso antropocentrico, trasparenza, protezione dati, accessibilità. Tutto giusto. Tutto condivisibile. Tutto già previsto dal GDPR che abbiamo da 7 anni.
Settori chiave: sanità (centralità del medico), lavoro (osservatorio sulla dignità), PA e giustizia (supporto decisionale tracciabile), scuola. Ancora una volta: tutto giusto sulla carta.
Governance: ACN e AgID come autorità competenti. Strategia AI aggiornata ogni due anni. Report annuale al Parlamento. Burocrazia, insomma.
Fondi: 1 miliardo di euro per startup e PMI in AI. Bene. Ma quanti anni serviranno per vederli? E con quale burocrazia per accedervi?
Vedi il pattern? Tutto giusto. Tutto lento. Tutto teorico.
Quello che succede nel resto del mondo
Mentre l’Italia scriveva leggi, il mercato andava avanti.
Claude 3.7 Sonnet esce a febbraio 2025. Hybrid reasoning: puoi scegliere se vuoi risposte veloci o ragionamento profondo step-by-step. Un unico modello che fa entrambe le cose.
Claude Code: tool da linea di comando che ti permette di delegare compiti di coding direttamente dal terminale. Praticamente un collega sviluppatore virtuale.
E GPT-5? In arrivo per l’estate. Sam Altman l’ha annunciato a luglio: interfaccia unificata, modello che sceglie automaticamente tra velocità e profondità di ragionamento.
Capisci la differenza? Loro rilasciano strumenti che usi oggi. Noi scriviamo leggi che forse tra 2 anni diranno come usarli.
La spiegabilità che costa cara
Uno dei punti chiave della legge italiana: obbligo di spiegabilità dei sistemi AI. Le aziende devono poter spiegare come l’AI prende decisioni, con linguaggio chiaro e semplice.
Nobile. Giusto. Impossibile da implementare praticamente.
Perché un modello come GPT-5 o Claude ha miliardi di parametri. Nessuno—neanche chi l’ha creato—sa esattamente perché dà una risposta invece di un’altra.
Risultato pratico? Le PMI italiane che provano a integrare l’AI dovranno assumere consulenti legali, fare valutazioni di conformità, documentare tutto. Costi che i concorrenti europei e americani non hanno.
È come chiedere a un meccanico di spiegarti ogni singola reazione chimica che avviene nel motore mentre guidi. Tecnicamente corretto. Praticamente inutile.
Ma almeno abbiamo i fondi, no?
1 miliardo per startup e PMI. Sembra tanto. Poi vai a vedere quanto investono gli altri.
OpenAI: 11 miliardi di dollari raccolti in un anno. Meta: miliardi investiti in Llama. Google: miliardi in Gemini e infrastruttura.
1 miliardo diviso per tutte le startup italiane che vogliono fare AI? Spiccioli.
E poi c’è la domanda vera: quanto tempo servirà per accedere a questi fondi? Quanta burocrazia? Quanti requisiti? Quante carte da compilare?
Perché conoscendo l’Italia, tra bandi, requisiti, valutazioni, delibere e erogazioni, passeranno almeno 18-24 mesi. E nel frattempo le startup saranno già fallite o emigrate.
Il solito discorso sulla conformità
Lo so cosa stai pensando. “Erik, ma queste regole servono. Proteggono i cittadini. Evitano abusi”.
Hai ragione. Sulla carta.
Ma ti faccio una domanda: il GDPR ha protetto le PMI italiane o le ha solo riempite di burocrazia e costi?
Quante aziende hanno assunto DPO esterni? Quante hanno pagato consulenti per “mettersi a norma”? Quante hanno fatto formazione inutile solo per avere il certificato?
E soprattutto: quanti ransomware sono stati fermati dal GDPR? Quante fughe di dati sono state evitate?
Zero. Il GDPR ha solo spostato soldi dalle aziende ai consulenti. E l’AI Act italiano farà esattamente la stessa cosa.
Dove ti ritroverai tra 6 mesi
Solito esercizio mentale.
Scenario A: hai aspettato i decreti attuativi. Hai aspettato le linee guida. Hai aspettato che “fosse tutto chiaro”. Settembre 2025 e non hai ancora integrato l’AI. I concorrenti ti stanno mangiando vivo.
Scenario B: hai iniziato a usare Claude, GPT-4o, Gemini rispettando già GDPR e buonsenso. Hai formato le persone. Hai ottimizzato processi. Settembre 2025 e sei avanti di mesi rispetto alla concorrenza.
Quale scenario ti piace di più?
La verità che brucia
L’Italia ha un problema cronico: regolamentiamo invece di innovare.
Mentre gli USA costruiscono modelli che cambiano il mondo, noi scriviamo leggi su come usarli. Mentre le startup americane raccolgono miliardi, le nostre aspettano bandi pubblici.
È successo con internet. È successo con i social. È successo con l’e-commerce. Sta succedendo con l’AI.
E ogni volta la storia è identica: arriviamo in ritardo, regolamentiamo, ci lamentiamo che “le big tech americane dominano”.
Ma non ti viene il dubbio che forse il problema siamo noi?
Cosa fare adesso
Non aspettare i decreti attuativi. Non aspettare le linee guida. Non aspettare che “sia tutto chiaro”.
L’AI è già qui. È già legale. È già utilizzabile rispettando GDPR e buonsenso.
GPT-5 arriverà in estate. Claude 3.7 c’è già. Gemini 2.0 pure. Usali.
Forma le persone. Ottimizza processi. Riduci costi. Aumenta efficienza.
E quando arriveranno i decreti attuativi—tra 18 mesi, 2 anni, chi lo sa—sarai già avanti. Avrai già esperienza. Saprai già cosa funziona e cosa no.
Come sempre: chi si muove per primo prende il mercato. Chi aspetta le autorizzazioni guarda gli altri prenderselo.
Se vuoi capire come integrare l’AI nella tua azienda rispettando già GDPR e preparandoti all’AI Act, senza aspettare decreti che arriveranno chissà quando, sai dove trovarmi.
Ma se preferisci aspettare che “sia tutto chiaro”, preparati a spiegare tra un anno perché i concorrenti chiudono contratti in 3 giorni e tu in 3 settimane.
L’innovazione non aspetta le leggi. Le leggi rincorrono l’innovazione.